In questa coda di estate ci sono state significative novità in tema di famiglie omogenitoriali e di riconoscimento di rapporti di filiazione in caso di minori nati tramite gestazione per altri.
La sentenza del Tribunale di Trento
Una recentissima sentenza del Tribunale per i minorenni di Trento (Pres. Giuseppe Spadaro) ha consentito il perfezionamento in tempi brevi (quattro mesi) dell’adozione di un bambino di tre anni e mezzo nato da una coppia omogenitoriale composta da due papà: l’iter ha riguardato il genitore intenzionale, cioè colui che lo ha cresciuto ma non ha un legame biologico con il piccolo.
Il procedimento era stato avviato nel marzo di quest’anno, quando il padre biologico ha accusato gravi problemi di salute. La richiesta urgente è stata motivata anche allegando il rischio che il bambino, nella malaugurata ipotesi di morte del genitore biologico, risultasse orfano e fosse quindi inserito nelle liste per essere adottato, non avendo l’altro genitore, a sua volta padre, il riconoscimento legale del legame familiare con il minore.
Alla nascita, in Canada, il minore era stato registrato con l’indicazione di entrambi i papà, ma in Italia non era stato possibile procedere alla trascrizione del suddetto atto di nascita.
Dopo una serie di consultazioni con il coinvolgimento anche dei servizi sociali del capoluogo trentino, il collegio presieduto dallo stesso Spadaro si è pronunciato, come aveva fatto anche la Procura, a favore dell’adozione da parte del genitore intenzionale.
La sentenza della CEDU
La Corte europea dei diritti umani, con sentenza in data 31 agosto 2023 (Ricorso n. 47196/21), ha condannato l’Italia per il mancato riconoscimento del rapporto di filiazione tra il padre biologico e la madre intenzionale e una bambina nata nel 2019 in Ucraina tramite gestazione per altri. Il rifiuto del Comune, e poi del tribunale, di procedere alla trascrizione dell’atto di nascita formato all’estero ha reso di fatto la minore un’apolide, priva di una parentela legalmente accertata, giuridicamente inesistente.
A portare il caso alla Corte di Strasburgo nel settembre del 2021 sono stati il padre biologico e la madre intenzionale della bambina, entrambi cittadini italiani, e di cui nella sentenza non vengono indicate le generalità. Il ricorso a Strasburgo è stato introdotto dopo che i due si sono visti rifiutare ripetutamente dagli uffici dell’anagrafe e dai tribunali italiani il riconoscimento legale del legame con la bimba. Nel ricorso si specifica che «il rifiuto delle autorità nazionali di riconoscere il padre biologico e la madre intenzionale come suoi genitori, da un lato, e il fatto che non avesse la cittadinanza, dall’altro, la ponevano in uno stato di grande incertezza giuridica».
La Corte ha censurato la situazione di perdurante incertezza cui la minore è stata sottoposta ed stabilito che «le autorità italiane sono venute meno al loro obbligo positivo di garantire il diritto del ricorrente (padre biologico) al rispetto della sua vita privata» e familiare sancito dall’articolo 8 della Convenzione.
Per quanto riguarda il riconoscimento della madre intenzionale, moglie dell’uomo che ha donato il seme, la Corte ha stabilito che la stessa potrà ricorrere all’istituto dell’adozione in casi particolari, disciplinato dall’art. 44, l. 184/1983.
La Corte ha altresì condannato l’Italia a pagare 15mila euro di danni e 9.536 euro per le spese legali.
Ecco il link al press release del sito della Corte: https://hudoc.echr.coe.int/eng-press#{%22itemid%22:[%22003-7730579-10691896%22]}
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Entrambe le decisioni sono certamente da accogliere con favore. Purtroppo, come è ovvio, possono solo contribuire indirettamente a favorire la maturazione di una volontà politica di intervento legislativo volto alla rimozione di una situazione di incertezza legale in cui sono costrette a vivere migliaia di famiglie in Italia. Il momento in cui si assisterà a tale intervento appare tuttavia, ad oggi, ancora lontano.
(Photo credit: Steve Johnson – Unsplash)