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La Corte di Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza del 21 agosto 2024, n. 23018, afferma che la diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale senza il consenso di uno dei genitori è illecita. Tale condotta comporta il diritto al risarcimento del danno a condizione che venga acclarata l’effettività e la serietà della lesione al diritto alla riservatezza dell’immagine.

I fatti

Un genitore, a cui – all’esito del divorzio – è affidato il figlio minore della coppia, fa realizzare al bambino dei servizi fotografici per una casa di moda. L’altro genitore evoca in giudizio sia l’ex coniuge sia la società in questione chiedendo che venga dichiarata la nullità del contratto di sponsorizzazione che prevede l’utilizzo dell’immagine del minore per la commercializzazione di prodotti di abbigliamento. Oltre a ciò, viene richiesto l’accertamento dell’illegittimità della divulgazione e dell’uso dell’immagine del figlio, in quanto avvenute senza il suo consenso, nonché il risarcimento del danno per il pregiudizio patito.

In primo e secondo grado viene dichiarata l’illegittimità della pubblicazione dell’immagine del minore, mancando il consenso di entrambi i genitori, e ne viene inibita l’utilizzazione, mentre è rigettata la richiesta risarcitoria, non avendo il genitore allegato alcun pregiudizio.

Il contesto normativo

Il Codice civile disciplina l’abuso dell’immagine di una persona (art. 10 c.c.) stabilendo che, qualora sia esposta o pubblicata al di fuori dei casi consentiti ovvero rechi pregiudizio al decoro o alla reputazione, l’interessato può chiedere all’autorità giudiziaria la cessazione (inibitoria) fatto salvo il diritto al risarcimento del danno. Il diritto all’immagine rientra nei diritti della personalità unitamente al diritto all’integrità fisica (art. 5 c.c.) e al nome (artt. 69 c.c.). Si tratta di diritti assoluti, inviolabili, indisponibili, imprescrittibili e non patrimoniali.

La legge sul diritto d’autore (legge 633/1941) si occupa della tutela del diritto all’immagine stabilendo che il ritratto di una persona non possa essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa (art. 96 legge cit.). La disposizione è derogata in ipotesi specifiche, ossia nel caso in cui la riproduzione dell’immagine sia giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. In tali casi il ritratto non può comunque essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta (art. 97).

La decisione della Suprema Corte

Tra le varie censure, il ricorrente si duole che la sentenza gravata abbia disatteso la richiesta risarcitoria, pur avendo accertato la violazione del combinato disposto degli articoli 10 c.c. e 9697 legge 633/1941 e, quindi, riconosciuto il carattere illegittimo della pubblicazione.

La Suprema Corte considera fondata la doglianza, rilevando che è sempre illecito l’uso non autorizzato dell’immagine se impiegato a fini commerciali (Cass. 1748/2016). Infatti, l’art. 97 legge 633/1941 consente la diffusione dell’immagine pur in assenza del consenso dell’effigiato solo allorché sussistano esigenze pubbliche che giustifichino il sacrificio del diritto del singolo a favore delle esigenze della collettività ma la compressione del diritto non può estendersi oltre i limiti diretti a soddisfare le suddette esigenze (Cass. 4477/2021).

Gli ermellini evidenziano che «il diritto alla protezione dell’immagine personale è considerato dalla maggioranza degli interpreti come manifestazione del più ampio diritto alla riservatezza», che trova tutela costituzionale nella fattispecie aperta delineata dall’art. 2 Cost. (C. Cost. sent. 38/1973).

A livello sovranazionale, il diritto alla riservatezza trova tutela nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo (art. 8 CEDU) e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (artt. 7 e 8 CDFUE).

La Corte di Giustizia UE ha affermato che l’immagine rappresenta uno dei principali attributi della personalità, pertanto, il diritto alla protezione della stessa costituisce una condizione di realizzazione personale e postula il controllo della propria immagine e la possibilità di rifiutarne la diffusione; «pur se, indubbiamente, la libertà di espressione e d’informazione comprende la pubblicazione di fotografie, la tutela del diritto alla vita privata assume in tale contesto un’importanza particolare, data la capacità delle fotografie di veicolare informazioni particolarmente personali, se non intime, su un individuo o la sua famiglia» (CGUE, Grande Camera, sent. 08.12.2022, C-460/20).

Appurata l’illiceità della pubblicazione delle foto del minore in assenza di consenso di un genitore, in merito alla risarcibilità del danno la Suprema Corte ha affermato che è risarcibile il danno non patrimoniale derivante dalla lesione di diritti inviolabili della persona a condizione che:

  • l’interesse leso abbia rilievo costituzionale,
  • la lesione sia grave, ossia l’offesa deve superare la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale, non potendosi trattare di mero disagio o fastidio,
  • sia allegato il pregiudizio patito, non sussistendo un danno in re ipsa (Cass. 33276/2023).

La Suprema Corte, accogliendo il secondo motivo di ricorso, enuncia quindi il seguente principio di diritto:

  • «In tema di tutela contro l’abuso dell’immagine di un minore, l’accertamento della illiceità della diffusione del ritratto del bambino per fini di pubblicità commerciale, effettuata senza il consenso di uno dei genitori, comporta il diritto al risarcimento del danno a condizione che sia accertata l’effettività e la serietà della lesione al diritto alla riservatezza dell’immagine, la cui tutela costituisce un interesse primario del fanciullo, senza che la mancanza di indicazioni relative al nome o alle generalità del minore o dei suoi genitori valgano ad escluderne il pregiudizio, poiché l’immagine della persona è tutelata in sé, quale elemento altamente caratterizzante l’individuo, che lo rende unico e originale, come tale riconoscibile».

Richiamando la giurisprudenza sovranazionale, gli ermellini evidenziano come vada rispettata la volontà del titolare dell’immagine a che la stessa non sia esposta al pubblico. La protezione della vita privata costituisce un fondamentale interesse della persona e, a maggior ragione, del minore. Pertanto, una volta acclarata l’illecita pubblicazione della foto, il giudice deve verificare l’effettività e la serietà della lesione, valutando come in concreto ne sia avvenuta la diffusione (ad esempio, se tra poche persone oppure tra un ampio pubblico).

Photo credit: Daiga Ellaby (Unsplash)