La Riforma Cartabia, con l’introduzione dell’art. 473bis.49 cod. proc. civ., ha previsto la possibilità per i coniugi che intendono separarsi di abbinare la domanda di separazione a quella di divorzio.
Dopo una pronuncia del Tribunale di Milano del maggio 2023 (della quale ho parlato in un post pubblicato in data 17 maggio 2023), in cui si era riconosciuta la possibilità di depositare un’unica istanza la richiesta di separazione e di successiva pronuncia di divorzio, e ciò sia in caso di separazione consensuale sia in caso di separazione giudiziale, la Corte di Cassazione, con ordinanza del 16 ottobre 2023 n. 28727, a seguito di ordinanza di rinvio pregiudiziale ai sensi del novellato art. 363-bis cod. proc. civ. da parte del Tribunale di Treviso, ha confermato che tale novità è in effetti ammissibile anche nel procedimento iniziato con domanda congiunta: “nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
La questione di diritto posta dall’ordinanza del Tribunale di Treviso nell’ambito di un giudizio instaurato nel maggio 2023, promosso su domanda congiunta dei coniugi al fine di sentire pronunciare la loro separazione personale alle condizioni concordate e, decorso il periodo di tempo previsto dall’art. 3 della legge n. 898/1970 e previo il passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, attiene per l’appunto al problema della cumulabilità, in un simultaneus processus, delle domande di separazione e divorzio, che già ha trovato soluzioni contrastanti nella giurisprudenza di merito che per prima se ne è occupata, come indicato nell’ordinanza del Tribunale di Treviso.
La Suprema Corte constata che il criterio letterale non soccorre, perché il legislatore nulla dice sulla procedura a domanda congiunta, ammettendo il cumulo solo in quella contenziosa, cumulo mai ammesso e praticato prima della riforma, ancorché, con la l. 15/2015 sul c.d. divorzio breve, l’abbreviazione dei termini avesse favorito la duplice pendenza delle due domande. Salvo qualche raro caso, nessuno aveva disposto il simultaneus processus mediante riunione o connessione (potendo, tra l’altro, i due procedimenti essere pendenti innanzi a giudici diversi ex art. 40 c.p.c.), nonostante la identità del rito di separazione e di divorzio (argomento che oggi ispira il cumulo nel procedimento volontario).
Il giudice di legittimità, cogliendo l’opportunità fornita dalla recente novella legislativa, decide di ammettere il cumulo dei due petita anche nel caso di domanda congiunta, così optando per un sano pragmatismo e offrendo una soluzione che non può che soddisfare gli operatori, i quali ben sanno che la prospettiva conciliativa – sempre perseguita nella materia della crisi familiare – è fortemente facilitata se l’accordo sulla separazione abbraccia anche la fase divorzile.
Ma i riflessi non sono solo processuali, bensì anche di diritto sostanziale: nella pronuncia in esame la Corte affronta anche la questione dell’orientamento giurisprudenziale che, facendo leva sull’art. 160 c.c., qualificava nulli i patti riguardanti gli effetti personali e patrimoniali del divorzio, presi anticipatamente in sede di separazione.
La Suprema Corte così si pronuncia sul punto: “Anche aderendo, dunque, alla lettura estensiva dell’ipotesi del cumulo di domande di separazione e divorzio (proposte con ricorso congiunto), deve osservarsi che si tratta unicamente di domande proposte in funzione di una pronuncia di divorzio per la quale non è ancora decorso il termine di legge e il cumulo non incide sul c.d. carattere indisponibile dei patti futuri, trattandosi di un accordo, unitario, dei coniugi sull’intero assetto delle condizioni, che regolamenteranno oltre alla crisi anche la loro vita futura, pur sempre sottoposto al complessivo vaglio del Tribunale”.
Con l’esaminata pronuncia della Cassazione inizia dunque un nuovo capitolo nella storia del diritto di famiglia, che, si auspica, possa portare a favorire la scelta della via consensuale piuttosto che quella contenziosa nei procedimenti di separazione e scioglimento del matrimonio.