Risale a pochi giorni fa, precisamente al 21 settembre 2023, la pronuncia della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta Sezione, nella causa C-143/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato francese), con decisione del 24 febbraio 2022, nel procedimento promosso da alcune associazioni per la difesa dei diritti dei migranti contro il Ministero dell’Interno.
La richiesta di rinvio pregiudiziale
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 14 del regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che riguarda il regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen), nonché della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia promossa da diverse associazioni per la tutela dei diritti dei migranti contro il Ministero dell’Interno, in merito alla legittimità dell’ordinanza n. 2020-1733, del 16 dicembre 2020, recante la parte legislativa del codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo.
La normativa
L’articolo 14 dell’articolo 14 del regolamento (UE) 2016/399 del quale è richiesta l’interpretazione da parte della Corte, intitolato «Respingimento», prevede quanto segue:
«1. Sono respinti dal territorio degli Stati membri i cittadini di paesi terzi che non soddisfino tutte le condizioni d’ingresso previste dall’articolo 6, paragrafo 1, e non rientrino nelle categorie di persone di cui all’articolo 6, paragrafo 5. Ciò non pregiudica l’applicazione di disposizioni particolari relative al diritto d’asilo e alla protezione internazionale o al rilascio di visti per soggiorno di lunga durata.
2. Il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise. Il provvedimento è adottato da un’autorità competente secondo la legislazione nazionale ed è d’applicazione immediata.
Il provvedimento motivato indicante le ragioni precise del respingimento è notificato a mezzo del modello uniforme di cui all’allegato V, parte B, compilato dall’autorità che, secondo la legislazione nazionale, è competente a disporre il respingimento. Il modello uniforme compilato è consegnato al cittadino di paese terzo interessato, il quale accusa ricevuta del provvedimento a mezzo del medesimo modello uniforme.
I dati relativi ai cittadini di paesi terzi a cui è stato rifiutato l’ingresso per un soggiorno di breve durata sono registrati nell’EES conformemente all’articolo 6 bis, paragrafo 2, del presente regolamento, e all’articolo 18 del regolamento (UE) 2017/2226 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2017, che istituisce un sistema di ingressi/uscite per la registrazione dei dati di ingresso e di uscita e dei dati relativi al respingimento dei cittadini di paesi terzi che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri e che determina le condizioni di accesso al sistema di ingressi/uscite a fini di contrasto e che modifica la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen e i regolamenti (CE) n. 767/2008 e (UE) n. 1077/2011 (GU 2017, L 327, pag. 20)].
3. Le persone respinte hanno il diritto di presentare ricorso. I ricorsi sono disciplinati conformemente alla legislazione nazionale. Al cittadino di paese terzo sono altresì consegnate indicazioni scritte riguardanti punti di contatto in grado di fornire informazioni su rappresentanti competenti ad agire per conto del cittadino di paese terzo a norma della legislazione nazionale.
L’avvio del procedimento di impugnazione non ha effetto sospensivo sul provvedimento di respingimento.
Fatto salvo qualsiasi indennizzo concesso a norma del diritto nazionale, il cittadino di paese terzo interessato ha diritto a che lo Stato membro che ha proceduto al respingimento rettifichi i dati inseriti nell’EES o il timbro di ingresso annullato, o entrambi, e tutti gli altri annullamenti o aggiunte effettuati, se in esito al ricorso il provvedimento di respingimento risulta infondato.
4. Le guardie di frontiera vigilano affinché un cittadino di paese terzo oggetto di un provvedimento di respingimento non entri nel territorio dello Stato membro interessato.
5. Gli Stati membri raccolgono statistiche sul numero di persone respinte, i motivi del respingimento, la cittadinanza delle persone il cui ingresso è stato rifiutato e il tipo di frontiera (terrestre, aerea, marittima) alla quale sono state respinte e le trasmettono annualmente alla Commissione (Eurostat) conformemente al regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio[, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale e che abroga il regolamento (CEE) n. 311/76 del Consiglio relativo all’elaborazione di statistiche riguardanti i lavoratori stranieri (GU 2007, L 199, pag. 23)].
6. Le modalità del respingimento figurano nell’allegato V, parte A».
Con la questione pregiudiziale, il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se il codice frontiere Schengen e la direttiva 2008/115 debbano essere interpretati nel senso che, qualora uno Stato membro abbia ripristinato controlli di frontiera alle sue frontiere interne, esso può adottare, nei confronti di un cittadino di un paese terzo che si presenti ad un valico di frontiera autorizzato in cui si esercitano siffatti controlli, un provvedimento di respingimento, ai sensi dell’articolo 14 di tale codice, senza essere soggetto all’osservanza della suddetta direttiva.
La decisione della Corte
La Corte rileva che «l’articolo 25 del codice frontiere Schengen consente ad uno Stato membro, eccezionalmente e a determinate condizioni, di ripristinare temporaneamente il controllo di frontiera in tutte le parti o in parti specifiche delle sue frontiere interne in caso di minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna dello Stato membro suddetto. Ai sensi dell’articolo 32 di tale codice, in caso di ripristino del controllo di frontiera alle frontiere interne, si applicano mutatis mutandis le pertinenti disposizioni del titolo II di detto codice, titolo che riguarda le frontiere esterne>>.
La Corte rileva altresì che «occorre tuttavia ricordare che il cittadino di un paese terzo il quale, in seguito al suo ingresso irregolare nel territorio di uno Stato membro, sia presente in tale territorio senza soddisfare le condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza, si trova per tale motivo in una situazione di soggiorno irregolare, ai sensi della direttiva 2008/115. Tale cittadino rientra pertanto, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva suddetta, e fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, di tale direttiva, nell’ambito di applicazione di quest’ultima, senza che tale presenza nel territorio dello Stato membro interessato sia subordinata alla condizione di una durata minima o dell’intenzione di restare in tale territorio. Egli deve quindi, in linea di principio, essere assoggettato alle norme e alle procedure comuni previste da quest’ultima al fine del suo allontanamento, e ciò fintantoché il soggiorno non sia stato, eventualmente, regolarizzato (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2019, Arib e a., C-444/17, EU:C:2019:220, punti 37 e 39, nonché giurisprudenza ivi citata)».
La Corte afferma dunque, riprendendo le conclusioni dell’avvocato generale, che «l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2008/115 non autorizza uno Stato membro che abbia ripristinato controlli alle sue frontiere interne a introdurre deroghe alle norme e alle procedure comuni previste da tale direttiva per allontanare il cittadino di un paese terzo che sia stato scoperto, privo di un titolo di soggiorno valido, ad uno dei valichi di frontiera situati nel territorio di detto Stato membro e in cui tali controlli vengono effettuati».
La Corte conclude quindi affermando che «uno Stato membro che ha ripristinato controlli di frontiera alle sue frontiere interne può applicare, mutatis mutandis, l’articolo 14 del codice frontiere Schengen nonché l’allegato V, parte A, punto 1, di tale codice nei confronti di un cittadino di un paese terzo che venga scoperto privo di un titolo di soggiorno regolare ad un valico di frontiera autorizzato in cui vengono effettuati tali controlli».
Tuttavia, «quando tale valico di frontiera è situato nel territorio dello Stato membro interessato, quest’ultimo deve tuttavia provvedere a che le conseguenze di una tale applicazione, mutatis mutandis, delle disposizioni citate al punto precedente, non conducano a contravvenire alle norme e alle procedure comuni previste dalla direttiva 2008/115».
In definitiva, contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese, la Corte ritiene che l’applicazione, in un caso come quello contemplato dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, delle norme e delle procedure comuni previste dalla direttiva 2008/115 non è tale da rendere impossibile il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna ai sensi dell’articolo 72 TFUE.
(Photo credit: Guillaume Périgois – Unsplash)