Seleziona una pagina

La riforma del processo civile ha introdotto rilevanti novità in tema di arbitrato, che trovano applicazione ai procedimenti arbitrali instaurati dopo la data del 28 febbraio 2023. Analizziamo portata e limiti della novella legislativa che ha previsto l’introduzione del potere cautelare in capo agli arbitri.

Riveste senz’altro carattere di particolare novità la previsione della facoltà degli arbitri di adottare provvedimenti cautelari, che sinora sono stati prerogativa esclusiva del giudice ordinario anche quando il merito della controversia fosse devoluto ad arbitri.

ll mancato riconoscimento dei poteri cautelari in capo agli arbitri nella disciplina previgente si giustificava in vari modi, tra cui facendo leva sull’argomento della mancanza di un potere di coercizione, espressione della potestà solo statuale, in capo agli stessi arbitri.

Peraltro, la mancanza di poteri cautelari costituiva un elemento di distanza del nostro sistema arbitrale dagli ordinamenti vicini, e proprio la mancanza di tutela cautelare è stata sovente vista come il maggior ostacolo alla scelta della tutela arbitrale italiana, e si è auspicato più volte un suo superamento.

Il legislatore, con la riforma, ha finalmente inteso colmare questo gap rispetto ai molti ordinamenti stranieri che ammettevano da sempre questa opportunità.

L’ampiezza del potere attribuito agli arbitri

Ai sensi del nuovo art. 818 cod. proc. civ., le parti possono decidere di attribuire agli arbitri anche la facoltà di provvedere in via cautelare. La scelta delle parti potrà avvenire, oltre che per mezzo di una specifica clausola compromissoria, anche per relationem attraverso il richiamo ad un regolamento arbitrale che riconosca tale facoltà, ovvero mediante un patto separato e successivo (risultante, comunque, per iscritto), purché concluso in un momento antecedente all’instaurazione vera e propria del giudizio arbitrale, che si perfeziona con la notifica della domanda di arbitrato (o del suo deposito, a seconda che il relativo regolamento arbitrale ciò preveda).

Possiamo affermare che il legislatore ha dimostrato una certa timidezza nell’attribuzione della potestà cautelare agli arbitri, poiché ad essi non viene riconosciuto un potere autonomo di emettere provvedimenti cautelari, bensì un potere subordinato alla volontà espressa delle parti.

Tuttora, l’unica attribuzione agli arbitri di potestà cautelare ex lege, ovvero che non necessita di un apposito conferimento di poteri cautelari da parte dei compromittenti, rimane quella prevista per l’arbitrato societario, oggi dall’art. 838-ter cod. proc. civ., comma 4 (sospensione cautelare della delibera societaria, oggetto di giudizio arbitrale).

La circospezione del legislatore trova conferma nell’art. 669-quinquies (Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale) che mantiene in termini generali la regola che se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri (anche non rituali) o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda cautelare “si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito” solo aggiungendovi “salvo quanto disposto dall’articolo 818, primo comma”.

L’esercizio della potestà cautelare arbitri presenta peraltro degli spazi vuoti.

Quanto alla competenza cautelare ante causam, il nuovo art. 818 c. 2 cod. proc. civ. prevede che “prima dell’accettazione dell’arbitro unico o della costituzione del collegio arbitrale, la domanda cautelare si propone al giudice competente ai sensi dell’articolo 669-quinquies”. La norma riempie la lacuna temporale che inevitabilmente si presenta prima che l’arbitro sia in condizione di provvedere sulla richiesta.

La competenza degli arbitri pare da escludersi anche nel caso in cui sia richiesta l’emissione di un provvedimento cautelare diretto ad incidere anche sulla sfera giuridica di un soggetto estraneo al procedimento e alla convenzione arbitrale. In tal caso, pare doversi affermare che la competenza spetti al giudice ordinario.

I termini della scelta normativa operata dal legislatore si prestano allora a sollevare qualche dubbio, presentandosi il rischio di limitare significativamente la portata innovativa della riforma.

Il reclamo

Il nuovo art. 818-bis cod. proc. civ. prevede che il provvedimento cautelare con cui è stata accolta o rigettata l’istanza sia reclamabile ai sensi dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ. dinanzi alla Corte d’Appello nel cui distretto è posta la sede dell’arbitrato.

È opportuno evidenziare che i motivi di reclamo sono a critica vincolata in forza del rinvio ai motivi, in quanto compatibili, di cui all’art. 829, 1° comma, cod. proc. civ., relativo ai casi di impugnazione per nullità del lodo arbitrale.

La mancanza della formula, nell’art. 818-bis cod. proc. civ., dell’applicazione dell’art. 669-terdecies nei limiti della compatibilità, indurrebbe a ritenere potenzialmente applicabili tutte le disposizioni presenti nei sei commi di quest’ultimo. Crea qualche dubbio l’applicabilità della previsione (comma quinto) per cui il collegio adito in sede di reclamo può non solo confermare o revocare il provvedimento reclamato, ma anche modificarlo.

Questione affine è se, una volta accolto il reclamo avverso un provvedimento negativo, possa il giudice emanare la misura cautelare in via sostitutiva. In assenza di contrarie specificazioni normative vigenti, sembra sia da riconoscersi il pieno ed integrale potere cautelare sostitutivo del giudice del reclamo. Vi è da domandarsi se il giudice potrà sempre entrare nel “merito” della richiesta cautelare o se la decisione incontri il limite al rescissorio giudiziale di cui all’art. 830 cod. proc. civ. In assenza di richiami di tale disposizione, pare doversi dare risposta negativa.

Non si esclude che il problema possa essere affrontato in sede di convenzione arbitrale, nel senso di prevedere che l’eventuale violazione di diritto espressamente posta a motivo di nullità ai sensi dell’art. 829 c. 3 cod. proc. civ. si estenda anche al sindacato per violazioni del “merito” cautelare.

La revoca e la modifica

Sebbene la norma delegante non menzioni la revoca o la modifica del provvedimento cautelare arbitrale, non sembrano esserci ostacoli ad ammettere tale strumento. Il problema si pone con riferimento alla individuazione del soggetto competente ad adottare le relative misure, e, prima ancora, quali siano i rapporti con il reclamo.

Senz’altro deve ritenersi che se il provvedimento cautelare è stato emanato dagli arbitri la revoca e modifica si chiedono in linea di principio agli stessi arbitri. Difatti la circostanza per cui sia stato aggiunto l’inciso “salvo quanto disposto dall’art. 818 comma 1” porta a ritenere che saranno arbitri a revocare o modificare il provvedimento cautelare precedentemente emanato.

L’attuazione della misura cautelare

In considerazione della mancanza di potere coercitivo in capo agli arbitri, la fase esecutiva delle misure cautelari eventualmente disposte dal collegio arbitrale è attribuita al Tribunale nel cui circondario è posta la sede dell’arbitrato e, nel caso in cui quest’ultimo si tenga al di fuori del territorio italiano, sarà competente il Tribunale del luogo in cui la misura d’urgenza dovrà effettivamente essere attuata.

Il secondo comma dell’art. 818-ter cod. proc. civ., con una previsione in parte superflua, fa comunque salvo il disposto degli artt. 677 cod. proc. civ. e seguenti in ordine all’esecuzione dei sequestri concessi dagli arbitri, richiamandosi, anche per tale ipotesi, la competenza del tribunale nel cui circondario si trova la sede dell’arbitrato.

Infine il legislatore si preoccupa delle ipotesi in cui debba attuarsi in Italia un provvedimento cautelare emesso all’esito di un giudizio con sede all’estero, prevedendo la competenza del Tribunale del luogo in cui il provvedimento cautelare deve essere attuato.

Richiamandosi l’applicazione dell’art. 669-duodecies cod. proc. civ. tout court e facendo salve le disposizioni di cui agli artt. 677 ss. per l’esecuzione dei sequestri, il legislatore delegato ha deciso di ammettere i provvedimenti cautelari arbitrali ad una immediata possibilità di attuazione senza che sia necessario ottenere una preventiva dichiarazione di esecutività secondo quanto previsto per il lodo ai sensi dell’art. 825. Dunque in ogni caso non sarà necessaria alcuna prodromica attività del creditore sequestrante che non solo non dovrà munirsi di preventivi exequatur per il provvedimento cautelare reso dall’arbitro, così non dovrà far precedere l’attuazione del sequestro dalla notificazione del provvedimento o del precetto.